lunedì 2 febbraio 2015

Case di riposo : se le conosci le eviti

Un'altra bella truffa per gli anziani (ed un bel business) è quello legato alle case di riposo che spesso, a fronte di pagamenti che ottengono, trattano male, lasciano in stato di abbandono, truffano e chi più ne ha più ne metta i poveri anziani loro ospiti. 

Anche questi spesso soli, indifesi ed incapaci di ribellarsi o difendersi.

Anche in questo caso non mancano le notizie di cronaca.


  http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/catania/notizie/cronaca/2013/14-ottobre-2013/casa-riposo-anziani-maltrattatie-abbandonati-quattro-arresti-2223475606736.shtml

http://www.santegidio.org/pageID/64/langID/ar/itemID/10855/Ospizi_lager_e_anziani_truffati_vergogna_per_tutti.html

http://www.cataniatoday.it/cronaca/anziani-maltrattati-casa-riposo-11-luglio-2014.html

http://approdonews.it/giornale/?p=97471


E l'Italia continua a considerarsi un Paese "civile". 

E gli italiani? Anche loro si ritengono civili? Con quale faccia tosta?




Infermieri assassini : non è il caso di fare un test di sanità mentale prima di assumerli?

 
Sempre più allarmanti le notizie della situazione degli anziani negli ospedali italiani soprattutto quelli specializzati proprio nella cura degli anziani. 


Sembra infatti che, superata una certa età, se gli anziani non sono gestibili a casa ed hanno bisogno di cure continue, il personale ospedaliero faccia di tutto non per aiutarli, ma per eliminarli. 

Perchè sono un peso per la sanità, occupano posti letto, non sono più produttivi, hanno bisogno di assistenza e cure e, soprattutto, nella maggioranza dei casi, sono "indifesi".

Alcuni si diendono parlando di "morti dignitose" altri parlano di morte come "effetto collaterale da farmaci", in realtà sono puri e semplici omicidi anche perché il tutto avviene all'insaputa del malato e dei suoi familiari per un puro calcolo economico altro che pietà.

La conferma di tutto questo si può vedere facilmente negli ospedali per tutti nei quali, per ottenere un antidolorifico bisogna fare non so cosa e nel caso di malati terminali sofferenti spesso non danno niente per alleviare il doloro perchè "sarebbe uno spreco".

Sono peggio delle bestie!

Di seguito alcuni link "illuminanti".

 http://www.panorama.it/news/cronaca/infermiera-lugo-come-uccide-angelo-morte/

In dettaglio:


http://www.ravennanotizie.it/articoli/2015/01/28/morti-sospette-allospedale-di-lugo-lex-infermiera-daniela-poggiali-resta-in-carcere.html


http://www.repubblica.it/2006/07/sezioni/cronaca/infermiera-lecco-condanna/infermiera-lecco-condanna/infermiera-lecco-condanna.html


http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03/31/uccise-anziani-in-casa-di-riposo-ergastolo-allinfermiere-killer-di-roma/932891/


E ancora:

http://letteradonna.it/146742/eutanasia-medico-ammette-ho-aiutato-a-morire-un-centinaio-di-malat146742/

http://archiviostorico.corriere.it/2001/settembre/12/Lucerna_infermiere_uccide_anziani_co_0_01091210153.shtml

http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-70bccd67-e604-4817-8075-46b06bc77cba.html

http://www.quotidiano.net/germania-infermiere-uccide-pazienti-1.558107

http://www.tempi.it/gli-ospedali-che-uccidono-i-malati-in-modo-dignitoso-nel-regno-unito-ricevono-piu-finanziamenti#.VM-v2C535jg



venerdì 28 febbraio 2014

Sopravvivere ad un ricovero ospedaliero: un vero miracolo!

Questa disavventura è capitata a me e la posso raccontare solo grazie alla mia "sfiducia totale nella medicina e nei medici in genere".

Alla vigilia di un Ferragosto non troppo lontano, mi sono svegliata, al mattino, con la gamba sinistra tre volte più grossa della destra tanto era gonfia, ed avevo un dolore  insopportabile. Non riuscivo a stare in piedi, non potevo camminare né stare seduta. Fare le scale era un sogno impossibile.

Al pomeriggio, visto che la situazione stava peggiorando, mio marito decide di chiamare il medico di famiglia, il quale "consiglia" di andare al pronto soccorso per una sospetta trombosi.

Alle 16,30 dopo aver raccontato agli infermieri dell'accettazione cosa avevo mi sono seduta in attesa di vedere un medico. "E' un codice verde" mi hanno detto "avrà parecchio da aspettare". Detto fatto.
Alle ore 22,00 (dopo 5 ore e mezzo di attesa, seduta su una sedia di metallo, rigida e scomoda), con le lacrime agli occhi per il dolore, mi arrampico (finalmente!), anche se con molta difficoltà, sul lettino del medico (donna) di turno.

In un attimo mi  misura la pressione e la saturazione, mi fa un prelievo del sangue, mi mette una flebo di fisiologica e mi fa una puntura di Clexane (calciparina). Anche lei ipotizza una trombosi (ma non ero un codice verde?)

Verso le 23,30 il responso: grave trombosi in corso con rischio di embolia (il Dimero superava 60) e grave anemia (Emocromo 7,5)

Mi propone trasfusione e ricovero immediati perché secondo lei sono" un morto che cammina". Naturalmente rifiuto entrambi, le chiedo di darmi la cura e di rispedirmi a casa. Inizia un tira e molla che si conclude due ore dopo, dopo aver fatto un RX torace (per sospetta embolia in corso) e piede (per sospetta frattura), naturalmente entrambi negativi. 

Ma la dottoressa è preoccupata anche per alcuni miei fibromi (troppo voluminosi) che convivono con me da talmente tanti anni che ormai li chiamo per nome.
Non ne vuole sapere di dimettermi e comincia ad elencarmi tutti i possibili rischi connessi col ritorno a casa (embolia, ictus, infarto...). alla fine spaventa mio marito ed io, per farlo stare tranquillo, acconsento.
Mi trasferiscono in reparto e, poiché la dottoressa è convinta che i miei organi siano particolarmente in affanno per via dell'anemia, già che c'è, alle due di notte mi fa fare un emogas (esame semplice ma doloroso) che si rivelerà anch'esso inutile.

La mattina dopo nuovo prelievo e qui la brutta notizia: l'emoglobina è crollata a 6,8 e non ci sono più scuse: è necessaria la trasfusione. Faccio una prima sacca poi mi spediscono in medicina dove farò la seconda.

In medicina si respira aria di ferie, arrivo all'ora di pranzo ...a ferragosto e c'è poco personale in giro. Arriva una dottoressa piccola e tignosa che mi fa un interrogatorio serrato con l'intento di farmi ammettere che i miei fibromi fanno male, che sono aumentati in maniera anomala negli ultimi giorni !?! e così via. Mette anche in dubbio il fatto che si tratti di fibromi. Non serve a nulla ripetere che sono lì ormai da 15 anni... 

"Vedremo la TAC" conclude "così sapremo esattamente di cosa si tratta perché sul referto ci sarà scritto..."
La mattina dopo (venerdì) altro medico altra anamnesi, mi visita un po' preoccupato e mi preannuncia una TAC per il giorno dopo. Fu una bruttissima esperienza: l'iniezione di iodio mi provocò una sensazione di calore come se mi stessi liquefacendo e, ad un certo punto, persi il ritmo: respiravo quando non dovevo, mi muovevo, insomma facevo tutto ciò che non dovevo fare.
Finalmente il supplizio finì e con una scassata autoambulanza mi riportarono a destinazione. Il responso non fu dei migliori e venne chiamato a consulto un ginecologo anzi, il primario di ginecologia dell'ospedale.

Lui mi visita e che fa? mi consiglia (ero anemica con rischio di embolia, in piena trombosi e crisi emorragica), caldamente tra l'altro, di fare "subito" l'intervento per l'eliminazione dei fibromi, perché tra l'altro "sono loro che hanno causato la trombosi (?1?)" anzi no, prima bisogna fare un intervento per mettere dei filtri alla vena cava per evitare che durante l'intervento possa partire un embolo e poi, sì poi subito l'intervento perché, secondo lui, "non c'é tempo".

Alla mia richiesta di precisazione sulla frase "non c'è tempo" si mostra molto evasivo. Cerco di collaborare e gli faccio presente che per risolvere il problema "fibromi" basta una dieta appropriata povera di proteine... quasi mi scoppia a ridere in faccia. Gli rispondo che l'ho già sperimentata ed ha funzionato... faccia scettica...  mi tratta come un essere inferiore, forse mi vede come una paziente stupida che può infinocchiare come vuole. 

Ma io vedo lui come un emerito imbecille che disonora la sua professione e, in un attimo, mi scatta la reazione: comincio allora a fargli domande precise su alcune cose che dovrebbe conoscere alla perfezione tipo "perché in quindici anni che convivo con i fibromi solo ora avrebbero dato tante noie? Per quale motivo avrebbero causato la trombosi? Con quale meccanismo? E come fa ad escludere altri motivi molto più validi quali l'immobilità di 15 gg dovuta ad una brutta distorsione alla caviglia? O l'esagerata perdita di liquidi dovuta ad una febbre persistente e molto alta (39,5°) durata una settimana e senza ragione apparente né sintomi di alcuna natura?": Naturalmente le mie domande restarono senza risposta ed alla fine guardandolo con molta commiserazione gli dissi che se non aveva altro da proporre poteva pure andarsene perché io quell'intervento, non avevo alcuna intenzione di farlo.

Due minuti di silenzio da parte sua (forse gli sembrava di aver capito male: "com'è possibile che una paziente (donna per giunta) osa mettere in dubbio il suo illustre parere?" Comincia poi  a fare strani discorsi con velate minacce del tipo che senza intervento "la trombosi non sarebbe guarita mai, che sarei vissuta tutta la vita col rischio di embolia e avrei dovuto prendere il Clexane a vita..." lo confesso: se non avessi una profonda avversione nonché sfiducia nella categoria dei medici avrei anche potuto credergli ma lo guardai con la solita aria di commiserazione e finalmente se ne andò sdegnato biascicando parole senza senso.

Presuntuoso e incompetente! Certo un intervento di quel genere avrebbe portato all'ospedale svariate decine di migliaia di euro mentre il fatto che io avessi più del 95% di probabilità di restarci secca era solo un "danno da effetto collaterale della cura". Mica si trattava della sua pelle! Invece di consigliarmi la cosa più semplice era andato a prendere non solo la strada più tortuosa ma anche la più pericolosa per la vita della paziente (in questo caso io) calpestando totalmente il Giuramento di Ippocrate. 

Mi sorge un dubbio: ma l'ha fatto? Anzi due: ma si è laureato?

Tra stenti e pene continuò la mia cura di calciparina più un'altra trasfusione perché le emorragie (grazie alla dieta ospedaliera ricca di proteine animali e quasi nulla di frutta e verdura) non accennavano a diminuire e la mia emoglobina era sempre sollo il livello di sicurezza.

Ma finalmente mi dimisero con la gamba ancora gonfia e dolorante e tutto il resto dei malanni. "Devi camminare il più possibile" mi disse il medico consegnandomi le ricette varie per i farmaci da acquistare.

Non me lo feci ripetere due volte e, appena uscita, cominciai a camminare (in casa perché mi girava la testa e avevo ancora forti dolori alla gamba e non mi fidavo ad uscire) dalle 4 alle 6 ore al giorno mentre contemporaneamente, poiché volevo ritornare "normale" prima possibile, iniziai una dieta totalmente priva di carne (rossa e bianca) e formaggi.

Uniche fonti di proteine 1 Yogurt (100 gr) e una fetta di dolce a scelta (70-80 gr) a colazione mentre a pranzo e a cena, a rotazione, 30 gr di tonno o salmone in scatola al naturale, 100 grammi di merluzzo lesso o baccalà o stoccafisso, oppure due albumi d'uovo. Verdura di tutti i tipi in porzioni maxi (300-400 gr per volta), frutta fuori dai pasti (4 tipi diversi al giorno).

E inoltre: zuppe di verdura, centrifugati di verdura, cereali e legumi...

La dieta è buonissima, la mia golosità viene soddisfatta a colazione e non mangio più schifezze come fritti, salumi, salse grasse, dolci extracalorici (con burro, mascarpone) e così via.

Vino e birra raramente, due dita a pranzo. Ah niente sale, io condisco tutto con olio Extravergine di oliva, limone e alghe essiccate.

E' passato un anno e mezzo, sono calata 10 kg, non ho più l'anemia ed il mio giro vita è ritornato quello dei miei 18 anni, i fibromi si stanno "sciogliendo",

ma di tutto questo devo ringraziare solo me stessa e la mia testardaggine!




lunedì 28 ottobre 2013

RSA e HOSPICE in Italia: con licenza di uccidere

Questa è la vera storia di un anziano ottantaseienne malato e infermo che nessun ospedale vuole e che tutti cercano di eliminare.
Hospice - RSA


All'inizio della storia il nostro paziente viveva in casa da solo, si muoveva tranquillamente con le sue gambe, anche se lentamente, a volta con l'aiuto di un bastone. Un assistente a ore lo aiutava a lavarsi e vestirsi. Percepiva una pensione minima con la quale riusciva a malapena a sopravvivere.

Il suo calvario è  iniziato il primo di Febbraio quando, con una PSA in continuo aumento ed una prostata non più rispondente alle cure ormonali, l'urologo curante richiede una TAC addominale di verifica della situazione. Il referto viene definito dall'urologo "disastroso" e vengono invitati i familiari a desistere dalle cure perché "tanto ormai è solo questione di tempo".

Contemporaneamente, in seguito ad una emorragia vescicale, al pronto soccorso dell'ospedale viene messo al paziente un catetere vescicale. Da lì inizia a camminare con l'aiuto di un deambulatore al quale appoggia la sacca del catetere e ad avere una assistenza notturna con un costo pari ad 800 Euro al mese.

I familiari non sono comunque di quelli che si arrendono senza fare nulla e decidono di sottoporlo alla TERAPIA DI BELLA, naturalmente non riconosciuta dal SSN, con un costo mensile di circa 800 Euro ai quali si aggiungono altri 800 Euro mensili per l'assistenza notturna in casa.

Il paziente sta bene fisicamente finché, dopo quattro mesi di terapia, e varie altre corse al pronto soccorso dell'INRCA per ematuria (sangue nelle urine), viene ricoverato per una infezione vescicale e per anemia grave dovuta ai contini sanguinamenti. Gli esami rivelano anche che una precedente insufficienza renale si sta aggravando ma i medici sono dell'idea di non fare niente perché tanto "vista la malattia...". E' la metà di Giugno.

Ma i familiari insistono e riescono a fargli fare una ecografia che rivela una grave congestione ai reni. L'urologo interpellato consiglia di effettuare una stomìa renale (inserimento di un catetere nel rene per far defluire l'urina evitando il passaggio nella vescica) con l'accordo che, se il sistema avesse funzionato, avrebbe effettuato l'intervento anche sull'altro rene eliminando, a questo punto, il catetere vescicale che creava continue ematurie.

L'unità di medicina dell'ospedale, nel quale era stato nel frattempo spostato, decide però, di sua spontanea volontà, di non far effettuare il secondo intervento e ne dispone il trasferimento in HOSPICE, dicendo ai familiari che lì dovrà fare riabilitazione finché non sarà in grado di ritornare a casa.
Lo dimettono con due cateteri, pannolone permanente, lavaggio vescicale continuo e piaghe da decubito alla schiena. Data del trasferimento 5 Luglio presso l'Hospice.

Ben presto sia il paziente che i  familiari si rendono conto che "quello è un posto per malati terminali, dove il paziente non sarà mai rimesso in piedi, anzi..."

Cominciano spiacevoli episodi che danno adito a scontri dei familiari con infermieri e medici:
-  poiché il paziente guarda i programmi serali della tv viene dichiarato "insonne" e, qualche solerte infermiera decide di somminstrargli il LORAZAPAM provocandogli alterazioni nella percezione temporale (scambia improvvisamente i giorni, confonde la mattina col pomeriggio)  e catatonia, i familiari si accorgono del farmaco e chiedono all'infermiera di non usare più quel farmaco;
- dopo una settimana di antibiotici, tra l'altro il cibo spesso puzza e sembra avariato, il paziente comincia ad avere inappetenza, diarrea, vomito e mal di pancia:un medico molto solerte decide di somministrargli fiale di MORFINA rendendolo totalmente assente, nuovo intervento dei familiari, stavolta sui medici i quali, confessano candidamente di avere solo farmaci antidolorifici, per lo più pesanti, e di essere totalmente sprovvisti di fermenti lattici, l'unica cosa di cui aveva bisogno il paziente in quel momento.

E' chiaro ormai che essendo la permanenza media in HOSPICE di circa 27 giorni, poiché il paziente non risulta così terminale come dovrebbe essere, medici ed infermieri stanno cercando di accelerare il peggioramento delle sue condizioni di salute. 

Dulcis in fundo, il medico che aveva prescritto la MORFINA, non contento dei danni provocati fino a quel momento, si presenta dal paziente, dicendogli che i suoi familiari vogliono farlo stare male ma lui non è tenuto ad ascoltarli perché loro (i medici) stanno lì apposta per non farlo soffrire.

Nuovo colloquio, stavolta col responsabile della struttura, il quale ammette che il paziente non solo non è terminale ma non doveva neanche essere mandato lì quindi lo terranno in HOSPICE finché i familiari non si attiveranno per trovare un'altra soluzione. E' la metà di Agosto.

I familiari si incontrano col medico di base del paziente e con le assistenti sociali che suggeriscono un trasferimento in RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale) per avere questa riabilitazione che serve per poterlo riportare a casa. Il 5 Settembre viene trasferito in RSA (all'interno dello stesso ospedale) con la richiesta specifica di riabilitazione.

Tale struttura prevede che farmaci, sacche dei cateteri, pannoloni e traverse siano pagate dai malati. Inoltre, dopo due mesi di permanenza scatta il pagamento di una retta di 33 Euro al giorno.

Purtroppo l'ospedale è lo stesso, le terapeute sono le stesse, la caposala è la stessa e tutte d'accordo dichiarano di non poterlo rimettere in piedi perché con i massaggi ed i piegamenti il paziente lamenta dei dolori: sfido io dopo quattro mesi che sta a letto senza muoversi e con le piaghe da decubito che lo costringono a stare in posizioni fisse!

Su insistenza dei familiari, in occasione del cambio mensile del catetere, viene richiesta una visita urologica che rivela solo una prostata dura e irregolare. Altri esami verranno svolti su marcatori vari che, comunque, danno valori sballati anche per una semplice infiammazione così come anche il valore della PSA. E' la fine di Settembre. (Dalla prima diagnosi infausta sono passati 8 mesi)

Passa qualche settimana, il paziente si lamenta per dei dolori intestinali dovuti ad aria nella pancia (gli davano da mangiare fagioli frullati!) ed un altro (sigh!) medico solerte decide di fargli applicare dei CEROTTI DI MORFINA "perché ormai la malattia..." ma nessuno ha mai più concesso la possibilità di fare una TAC per controllare la situazione. I familiari chiedono che venga sospesa la cura di oppioidi perché ritenuta non idonea al caso.

Il 9 Ottobre i familiari vengono convocati dallo staff della RSA per decidere la destinazione del paziente perché la RSA non può tener pazienti stabilizzati.  (Ma non erano nate per questo le RSA?)

Appurato, dal racconto della situazione relativa ai mesi precedenti al ricovero, che le sue patologie non gli consentono di essere seguito a casa, l'assistente sociale della RSA si offre di trovargli adeguata sistemazione in RP (Residenza Protetta). I familiari fanno un giro di telefonate: nessuna residenza è attrezzata nel modo giusto (serve quanto meno un infermiere a tempo pieno che sia in grado di provvedere a cambi di flebo, lavaggi...).

Con fare intimidatorio la "caposala" avverte anche i familiari che "il rifiuto della cura" comporta già da solo le dimissioni automatiche. I familiari fanno presente a questo punto che non c'è stato rifiuto della cura, bensì del farmaco, sicuramente tropo pesante per le necessità del paziente.

Ma non è finita qui. Una notte il paziente ha sofferto di attacchi di panico ed il medico di turno gli ha prescritto XANAX (benzodiazepine pesanti) al bisogno. Fortunatamente non ha avuto più attacchi di panico ma c'è un problema.

Il paziente,  un anziano di ottantasei anni, è, al momento, portatore di due cateteri (vescicale e renale), con protesi all'anca, pannolone permanente, allettato da quattro mesi, con piaghe da decubito e bisognoso di lavaggio vescicale continuo. Ma non ha dolori particolari, tranne alle articolazioni quando viene girato per le pulize, ed ha condizioni generali buone. Buona la funzione renale, in via di sistemazione l'anemia.

Se non lo "drogano" è vigile e sveglio: mangia normalmente, parla, fa i cruciverba, guarda la televisione; in una parola: vive.
E' questo che forse dà fastidio ad una infermiera (l'unica) che quando è di turno gli somministra sempre lo XANAX mescolandolo con la PARACODINA, che dovrebbe prendere per la tosse in caso di necessità.
Tra l'altro a lui dice che si tratta di gocce per la tosse, mentre ai familiari, che l'hanno colta sul fatto, ha detto che servono per farlo stare tranquillo (ma lui dorme tranquillamente da solo).

Anche nelle RSA quindi, il personale sanitario cerca (con MORFINA e BENZODIAZEPINE) come negli HOSPICE, di eliminare i malati che hanno troppo bisogno d cure e impegno da parte del personale.

I familiari sono disperati ed esasperati, non si fidano più di nessuno, e vogliono fare una denuncia generale anche perché hanno paura che prima o poi riusciranno nell'intento di eliminarlo. Come si può risolvere il problema? Quali strutture possono intervenire evitando che vengano fatte poi pressioni sul malato? (Vedi il caso HOSPICE)

Quanti reati hanno commesso queste strutture nel trattamento di questo paziente e dei loro familiari?
Hanno detto il falso, hanno tentato di eliminarlo, hanno tentato di intimidirlo/i, è questo il trattamento a cui va sottoposto un malato?
In questo caso i familiari vigilano e qualcosa riescono a contrastare ma quanti pazienti sono morti a causa della fiducia dei familiari che si fidano ciecamente di medici e  infermieri?

E' questa la fine che attende tutti gli anziani che vengono spediti in HOSPICE o RSA dagli ospedali che non li vogliono curare? Diventare terminali per forza per liberare la società del loro peso? Essere uccisi perché costano troppo alla Sanità?

Come fidarsi ancora di medici, infermieri e Ospedali?

Ma la MEDICINA non ERA quella scienza che studiava il modo di curare le malattie? ERA sì perché ora è diventata la scienza che studia il modo di uccidere le persone (malati e non).

Ed RSA ed HOSPICE sono strutture con licenza di uccidere dove viene praticata sistematicamente l'eliminazione dei più deboli(i malati) peggio che nei lager nazisti.

Ma è per questo che sono nati HOSPICE ed RSA?

N.B. La storia è rigorosamente  vera anche se, per la Privacy, sono stati omessi nomi e luoghi.

Naturalmente la storia non è finita qui perché i familiari si sono poi  rivolti al Tribunale per i Diritti del Malato sperando in un intervento reale, ma tant'é, tralasciando completamente il problema, quelli inviano una lettera all'RSA senza neanche richiedere chiarimenti quasi fosse una mera comunicazione. Col risultato che quando l'RSA chiama quelli del Tribunale del Malato per un incontro, si può permettere di dare spiegazioni che non stanno né in cielo né in terra dimostrando anche loro di non aver capito niente (forse che nessuno dei tanti sappia leggere l'italiano?).

Nel frattempo, mentre loro si trastullavano con lettere e letterine,  i farmaci incriminati sono stati definitivamente sospesi ma, l'infermiera pazza colpisce ancora e stavolta in maniera pesante, complice infatti un blocco del drenaggio della stomìa renale, nell'arco di due giorni il paziente corre il rischio di andare all'altro mondo.

Intuendo che qualcosa non quadra (non mangia da tre giorni e sta diventando di un colore grigiastro) i medici lo spediscono all'Ospedale più vicino (tra l'altro lamenta forti dolori alle piaghe da decubito) per un controllo alla nefrostomia ed una consulenza generale. Dopo sei ore di anticamera in tre reparti diversi quelli cambiano il catetere della stomia, la sacca e lo rispediscono all'RSA.

ùNé all'INRCA né all'RSA sapevano (?) che quel catetere va sostituito entro tre mesi dal posizionamento.

Ma il paziente continua a stare male (si stava infatti accumulando il farmaco nel suo organismo visto che i reni non producevano più urina) ed i medici dll'RSA, nel pomeriggio, decidono di chiamare il 118 e mandarlo per sicurezza a fare un controllo al'INRCA (dove tra l'altro aveva fatto l'intervento).
Lo visita un medico "serio" che esegue subito esami del sangue, ecografie e radiografie. Accerta che la stomìa renale funziona ma che la sua malattia nel tempo è un po' peggiorata. Decide comunque di tenerlo in osservazione per la notte per poi trasferirlo in qualche reparto il giorno dopo.

Il pomeriggio successivo la dottoressa di turno al Pronto Soccorso chiama i famigliari chiedendo se vogliono riportarlo in RSA o trasferirlo in qualche reparto perché loro devono liberare il letto (come se fosse un sacco di patate!). I famigliari obiettano che non è possibile riportarlo in RSA perché dopo solo una notte di permanenza non si può dire che il paziente sia stabilizzato e, poiché l'RSA non è attrezzata per le emergenze, è preferibile tenerlo ancora qualche giorno in reparto.

Tra l'altro i famigliari la sera stessa, parlando con una dottoressa dell'RSA, scoprono che nel periodo natalizio, fino alla Befana, la struttura è completamente sguarnita di medici e c'è solo il medico di guardia per le emergenze. La stessa dottoressa fa inoltre presente che, poiché il paziente non può più essere definito "stabile", l'RSA non è più la soluzione adatta per lui.

DOMANDA : Qual'è a questo punto la soluzione adatta?

Nel frattempo il Pronto Soccorso ha trasferito il paziente in Geriatria sempre all'interno dell'INRCA. Le stanze sono pressoché invivibili, piccolissime, due letti appiccicati, due comodini, due sedie , un tavolo appiccicato ad un letto, l'armadietto nell'antibagno. Non c'è neanche il posto per mettere una sdraio per l'assistenza notturna:

La prima pillola che portano naturalmente é il TAVOR (benzodiazepine) ma il paziente dorme già ed i famigliari, visto che col TAVOR la notte precedente ha avuto gli incubi, chiedono di non dargliela. Continua invece a chiedere un antidolorifico per le feritine da decubito ma nessuno lo ascolta e così passa la notte in bianco.

La mattina dopo, al giro delle visite, una dottoressa genere mastino che neanche ascolta le sue parole, gli fa somministrare un farmaco simile alla morfina e all'obiezione dei parenti che il dolore è soltanto relativo alle sue feritelle superficiali risponde che NON E' VERO QUELLO CHE DICE IL PAZIENTE E SICCOME SECONDO LEI IL PAZIENTE E' GRAVE I DOLORI SONO DI ALTRO GENERE.

Allora : all'HOSPICE c'é un medico che cerca di convincere i pazienti a farsi ammazzare perché è per il loro bene, all'RSA c'è un'infermiera pazza che decide lei come somministrare i farmaci (tipo e dosi), alla GERIATRIA dell'INRCA c'è invece una dottoressa col dono della "veggenza" che riesce a "vedere" dove il malato ha dolore indipendentemente da ciò che sente e ciò che dice.

Quindi tre strutture hanno tra i  loro dipendenti almeno un azzeccagarbugli ovvero una sicura garanzia di professionalità per i malati!

Così la Sanità italiana continua a tagliare i posti letto e gli ospedali (o le strutture sanitarie in genere) o riescono a  rispedire a casa loro i malati (o a "sbolognarli" ad un'altra struttura) o li ammazzano.

Certo l'Italia (la chiamavano il Bel Paese) è ormai un paese da evitare anche per le vacanze: per una storta al piede se vai in Ospedale potresti anche non uscirne più (vivo s'intende).

In meno di una settimana è successo l'inevitabile: i farmaci utilizzati hanno bloccato definitivamente i reni, le "feritelle" si sono infettate, il paziente è morto soffrendo perchè i medici non ritenevano "appropriato" dargli un materasso antidecubito per il dolore, non riusciva più a muoversi né a parlare, mani e piedi gonfi da far paura, riusciva solo a piangere... Al momento di dargli qualcosa (era ormai necessario!) per non farlo soffrire si sono rifiutati...

Da tutto questo emerge un quadro desolante : sanitari disumani e incapaci (medici, infermieri, OSS e quant'altro) che pensano solo al "27", strutture che pensano solo a come risparmiare cominciando con l'eliminazione di chi ha bisogno e non si può difendere.

Non ci sono parole per descrivere tutto questo.


NB Chi volesse sapere chi sono le strutture ed il personale sanitario di cui si parla può scrivermi tranquillamente: sarò ben felice di poter evitare a qualcun altro lo stesso dramma.